lunedì 6 maggio 2013

Il ritorno del carbone

E' sicuramente il più odiato dei combustibili fossili usati, ma sembra sia difficile riuscire a tenere in piedi i mercati elettrici senza di lui; se si escludono gli USA - dove al momento soffre della concorrenza con il gas naturale in una sfida dagli esiti ancora incerti e con caratteri peculiarmente nazionali - il resto del mondo ne brucia in quantità sempre maggiori.

Cina e India lo hanno da sempre privilegiato per il basso costo: la prima da sola ha aggiunto 55 GW di centrali nel 2011, la seconda cerca di aumentare la produzione domestica per limitare le importazioni nel tentativo di soddisfare una domanda che eccede l'offerta di circa il 10% nelle ore di maggior consumo.

Anche il Giappone si trova costretto a fare i conti con la spesa energetica, e si è reso conto che le centrali a gas naturale sono troppo costose quando si voglia sostituire un carico di base come quello che offriva il parco di reattori nucleari, fermi dopo l'incidente di Fukushima: ecco quindi interventi normativi atti ad accelerare l'iter burocratico per la costruzione di nuovi impianti, e forse una revisione degli impegni già assunti in materia di riduzione delle emissioni di CO2.

Un recente report dell'IEA analizza l'indice di intensità di carbonio dell'energia (Energy Sector Carbon Intensity Index, ESCII), e lo trova pari a 2.37 tCO2/toe nel 2010 contro le 2.39 tCO2/toe del 1990; un progresso impercettibile che difficilmente vedrà miglioramenti nell'immediato futuro. L'Europa a livello comunitario ha quasi ucciso il meccanismo del cap and trade, e i singoli stati perseguono politiche strabiche, incentivando da un lato gli impianti da fonti rinnovabili - ma senza preoccuparsi del problema dell'accumulo, tranne in minima parte la Germania - e dall'altro sostituendo il gas con il carbone.

Infatti la Germania, insieme alla Spagna, hanno visto aumentare la propria percentuale di elettricità prodotta tramite centrali a carbone (rispettivamente del 5% e 22%): la prima entro il 2015 avrà allacciato 8.4 GW, la seconda si trova alle prese con una difficile situazione economica che non invoglia a slanci ambientalisti.

La dura realtà è che senza un obiettivo condiviso a livello mondiale, il passaggio verso un'energia a basso contenuto di carbonio è destinato a rimanere in secondo piano rispetto alla crescita economica, unico traguardo in grado di rientrare nelle miopi visioni della classe politica. E allora, bentornato a Sua Maestà il Carbone.

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