domenica 12 febbraio 2012

I Diesel marini

La tragedia della Costa Concordia naufragata presso l'isola del Giglio ha provocato una serie di post che analizzano alcuni degli aspetti più negativi delle navi da crociera: l'utilizzo di un combustibile non proprio amico dell'ambiente, ammesso che ne possano esistere; la presenza di quantità considerevoli di sostanze inquinanti, d'altra parte indispensabili per far funzionare un paese galleggiante di circa 5000 persone; il consumo smodato per muovere la nave e garantire l'energia elettrica a tutti i servizi di bordo. Nessuno si è occupato di evidenziare il fatto che i motori diesel di grossa potenza siano oggi fra le macchine più efficienti a disposizione dell'umanità, e che il loro impiego nella propulsione navale ha contribuito profondamente alla globalizzazione.

La "Allure of the seas", la più grande nave passeggeri esistente, è spinta da tre motori elettrici da 20 MW l'uno (Azipod); la potenza propulsiva e per i servizi di bordo è fornita da 6 motori Wärtsilä per  97 MW complessivi.

I motori a combustione interna di tipo alternativo si possono dividere in due categorie, quelli alimentati a benzina - ciclo Otto - e quelli che come combustibile usano il gasolio, cioè il ciclo Diesel. Nei primi la carica è composta da una miscela di aria e combustibile che viene compressa dal pistone e accesa da una scintilla al momento opportuno, ottenendo un rapido aumento di pressione (e temperatura) e il conseguente movimento verso il basso; nei secondi si comprime il solo comburente e si inietta poi il combustibile che si infiamma autonomamente grazie all'elevata temperatura dell'aria, e brucia poi progressivamente mentre il pistone si muove dal punto morto superiore (PMS) verso quello inferiore (PMI).

Analizzando i cicli ideali è possibile esprimere i rendimenti in funzione di due parametri caratteristici, il rapporto volumetrico di compressione (rv - punti 1 e 2 nella figura sottostante) e il rapporto volumetrico di combustione (rc - punti 2 e 3): il primo indica quanto viene compressa l'aria - o la miscela - mentre il pistone si muove verso il PMS, il secondo è usato solo per i cicli diesel e fornisce il rapporto fra il volume specifico del gas alla fine della fase di combustione a pressione costante e il volume specifico al termine della fase di compressione, cioè quando si inizia a iniettare il combustibile. Le espressioni analitiche che si ricavano indicano che il rendimento migliora all'aumentare di rv, ma purtroppo non è possibile comprimere oltre un certo valore la miscela nei cicli Otto pena l'autoaccensione; è invece una strada percorribile nei Diesel - dove si ha solo aria nella prima fase - che però devono scontare un fattore riduttivo dipendente da rc, cioè indicativamente da quanto combustibile si inietta: valori bassi migliorano il rendimento ma peggiorano la potenza specifica del motore.

Ciclo Diesel ideale (immagine tratta da Wikipedia).
Rendimento del ciclo Diesel ideale.

I motori Diesel risultano quindi chiari vincitori quando sono più importanti i consumi delle dimensioni ridotte; in effetti il loro rendimento nei modelli di maggiore potenza ha raggiunto e superato il 50% - rendimento termico, al netto di eventuale cogenerazione sfruttando parte del calore dei gas di scarico - e questo traguardo associato alla possibilità di usare combustibile meno pregiato - bunker fuel - li ha resi la scelta più ovvia per le navi. Al di là delle dimensioni e delle potenze in gioco esisitono altre differenze rispetto ai meglio noti motori di tipo automobilistico: il numero di giri al minuto è molto basso (si arriva a meno di 60), tanto che spesso risulta conveniente accoppiare direttamente l'albero motore all'elica, e i due tempi hanno una notevole diffusione rispetto ai quattro tempi in virtù della loro maggiore potenza specifica e minore complessità costruttiva (non esistono valvole d'aspirazione).

Il primo mezzo navale a montare motori diesel fu la Vandal - usata sul mar Caspio - nel 1903, ma la prima nave per il trasporto di merci e passeggeri ad attraversare l'oceano abbandonando i tradizionali motori a vapore fu la Selandia, varata nel 1911 e spinta da due otto cilindri a quattro tempi da 783 kW; i diesel divennero presto favoriti rispetto alle macchine a vapore, e la conquista del settore navale si completò fra le due guerre mondiali. Oggi solamente alcune navi per il trasporto di LNG e le portaerei sono spinte tramite turbine a vapore, generato rispettivamente dalla combustione di parte del gas naturale che evapora oppure da un reattore nucleare.

La Mozah, nave metaniera di ultima generazione della classe Q-max, spinta da due motori MAN a due tempi da 21770 kW a 91 rpm.
Il commercio navale internazionale è mosso da circa 50.000 navi di varie portate che nel 2008 hanno trasportato 8 Gt di merci: per avere dei termini di paragone, si tratta di circa il doppio del petrolio estratto o di cinque volte i cereali raccolti annualmente. Un terzo di queste merci è costituito da greggio e prodotti di raffinazione, un quarto è spostato da navi porta rinfuse (bulk carrier, usate per materie prime quali carbone, metalli o grano) e il rimanente viaggia su navi porta container. Il consumo specifico è di gran lunga il più piccolo rispetto a ogni altro mezzo di trasporto: le navi di dimensione maggiore (come le ULCC) hanno bisogno di circa 50 kJ/tkm, quelle più piccole e veloci oppure le navi container (ad esempio la Emma Maersk) circa il doppio, mentre il trasporto su rotaia va dai 300 ai 600 kJ/tkm e su strada si raggiungono addirittura i 3 MJ/tkm.

Un motore MAN B&W 8S35ME-B da 7 MW.
Una stima del carburante complessivamente consumato dalla flotta mondiale nel 2008 è compresa fra i 370 e i 400 milioni di tonnellate (Mt), più o meno il 10% della richiesta mondiale di petrolio, delle quali circa 250 costituite da bunker fuel; le emissioni di CO2 rappresentano il 4% del totale annuo relativo a combustibili fossili con 1.2 Gt: quantità paragonabili a quelle di un paese come il Giappone o l'India. A causa dell'elevato contenuto di zolfo - fino al 4.5%, dal primo Gennaio di quest'anno si è scesi al 3.5% e nel 2020 sarà lo 0.5% - l'incidenza sulle emissioni di SO2 è ben maggiore, l'8% del totale; anche gli ossidi di azoto, controllati e abbattuti nelle centrali termoelettriche, rappresentano una frazione consistente del totale di origine fossile: grossomodo il 25%.

Un aumento del prezzo del barile renderebbe ovviamente più costoso il trasporto, ma va sottolineato che la potenza richiesta è fortemente dipendente dalla velocità di progetto. Una nave VLCC da 300.000 dwt che si muova a 15.5 nodi richiede 26 MW, ma per un nodo in più si sale a 32 MW e per uno in meno sono sufficienti 21 MW; anche escludendo le bulk carriers, che hanno velocità di progetto piuttosto basse, le navi porta container potrebbero facilmente assorbire la maggior spesa in carburante riducendo lievemente la velocità. Questi mezzi infatti devono scontare i tempi morti dovuti alle attività di carico e scarico, tanto più lunghi quanto maggiore è il numero di container trasportati, e sono quindi dotati dei motori più potenti oggi realizzabili, in grado di spingere la nave fino a 25 nodi (43 km/h).

Anche se le indicazioni della International Maritime Organization per limitare le emissioni di GHG comporteranno costi maggiori per il carburante, i motori Diesel rimarranno per molto tempo l'indiscusso riferimento per i trasporti navali grazie alla loro alta efficienza e affidabilità.

1 commento:

  1. Bello davvero. Chissà se e quando anche gli automobilisti si porranno problemi di aerodinamica; è un peccato che i ragionamenti sulla razionalità dei consumi non riescano a raggiungere il campo dell'economia domestica.

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